Palazzo Magnani

Dove ora si snoda Corso Garibaldi scorreva il Crostolo, e il muro verso levante del cinquecentesco Palazzo Becchi-Magnani, le cui prime notizie risalgono al 1608, è fatto con i ciottoli del torrente poi deviato fuori dalla città.

Indirizzo e contatti

Corso Garibaldi, 29 - 42121 Reggio Emilia
telefono 0522 444446
email info@palazzomagnani.it
sito web Palazzo Magnani
sito web GiraReggio

Orari

Il Palazzo è sede di mostre e quindi visitabile solo in occasione di esposizioni o eventi programmati.

Tariffe

A seconda della mostra o evento in programma.

Come arrivare

Reggio nell'Emilia - centro storico

Cenni storici

Risalgono al 1608 le prime notizie su Palazzo Becchi-Magnani: in quell'anno, e poi per circa un secolo, risulta tra le proprietà dei Conti Becchi, per poi passare, all'inizio del Settecento, a un'altra famiglia nobile, i Chioffi, che nel 1841 ne promossero restauri importanti, dando all'edificio la configurazione attuale.
Le successive vicende del palazzo furono piuttosto travagliate: la proprietà passò alla Cassa di Risparmio di Reggio Emilia; nel 1877 venne acquistato dalla Famiglia Ottavi, che, infine, nel 1917 lo cedette a un possidente di Villa Gaida, Giuseppe Magnani.
Alla sua morte, avvenuta nel 1960, la proprietà passò nelle mani del figlio Luigi, collezionista d’arte, musicologo e uomo di cultura. Il Palazzo è la residenza “cittadina” dei Magnani, mentre la villa di proprietà sita a Mamiano di Traversetolo (Parma), con il grande parco – dove oggi sorge la Fondazione Magnani-Rocca – può essere considerata quella “di campagna”.

Nel 1984 Palazzo Becchi-Magnani ospitò, per volontà di Magnani, una prestigiosa mostra Capolavori della Pittura Antica della Fondazione Magnani Rocca che di fatto  anticipò quella che sarebbe divenuta la destinazione futura della residenza cittadina di famiglia. 
Il 15 novembre 1984, a poco meno di un mese dalla chiusura della mostra, Luigi Magnani morì. Il 20 novembre 1987 il Consiglio della Provincia di Reggio Emilia deliberò l’acquisto di Palazzo Magnani e il conseguente inizio dei lavori di restauro. All’inizio del 1989 venne affidato all’architetto Ivan Sacchetti l’incarico di restaurare l’edificio per realizzare l’ambizioso progetto della nuova destinazione d’uso. I restauri si conclusero nella primavera del 1997 e il 26 aprile 1997 Palazzo Magnani iniziò il suo cammino nel mondo della cultura e dell’arte.

Approfondimenti

Luigi Magnani (Reggio Emilia, 29 gennaio 1906 - Mamiano di Traversetolo, PR, 15 novembre 1984)
Nacque da Giuseppe, un imprenditore agricolo e titolare di un'industria casearia, ed Eugenia Rocca, di una nobile famiglia della Liguria. Ebbe come straordinario maestro Adolfo Venturi e nel 1927 ottenne il premio Naborre Campanini dalla Regia Deputazione di storia patria per la memoria su Gerolamo Toschi e l'Accademia romana di filosofia naturale.
Nel 1929 si laureò in Lettere moderne all'Università di Roma (dove, più tardi, insegnò) con una tesi in storia dell'arte sullo scultore del XVI secolo Antonio Begarelli. Conseguì anche un diploma di perfezionamento. Durante gli anni Trenta collaborò con l'Enciclopedia Italiana, compilando delle voci inerenti alla la storia dell'arte.
Deve invece la sua formazione musicale ad Alfredo Casella. Dal grande interesse per la musica nacque l'edizione di: Cori della Passione, per voci sole, Oratorio di Emmaus, Pavane, Passacaglia, Due stanze di canzone e Mallarmé e i miti della musica , e la sua più tarda produzione saggistica.
Nel 1941 la famiglia Magnani si spostò a Mamiano, in questo periodo Luigi strinse amicizia con il celeberrimo pittore bolognese Giorgio Morandi, dal quale comperò o gli vennero donate numerose opere. Anche oggi a Mamiano è possibile visitare la Fondazione Magnani-Rocca.
Nel 1962 Luigi Magnani entrò a far parte della Pontificia Accademia di belle arti e lettere dei Virtuosi al Pantheon di Roma. Nel 1964, curò una serie per la Rai, di trasmissioni nel quarto centenario della morte di Michelangelo. Determinanti i suoi studi su Beethoven e i Quaderni di conversazione. Nel 1972 vinse il Premio Strega col romanzo Il nipote di Beethoven. Nel 1981 venne insignito del premio Otto/Novecento di critica letteraria per la sezione "Edito". Nel 1982 uscì Il mio Morandi, opera che testimonia l'amicizia fra i due personaggi e ne raccoglie la corrispondenza.

Il Giano bifronte di Prospero Sogari detto il Clemente (Marmo, 2,30 x 39 cm ca.)
Uno degli aspetti più significativi e caratteristici di Palazzo Magnani è la presenza, sul margine destro della facciata, dell’erma del Giano bifronte realizzata da Prospero Sogari detto il Clemente (autore anche della facciata incompiuta del Duomo di Reggio Emilia). Questo decoro angolare non è insolito nelle architetture reggiane riferibili alla metà del XVI secolo, in quanto si recepiva l’influenza del gusto architettonico ferrarese dell’epoca che era solito affidare alla “moda” della rifinitura ad angolo l’inserimento prospettico della facciata degli edifici nel contesto viario. La scultura a tutto tondo di Giano bifronte è collocata nell’angolo del Palazzo fra via Vicedomini e Corso Garibaldi.Giano era una delle divinità più antiche e più importanti della religione romano-italica ed era rappresentato in corrispondenza delle porte o di passaggi e ponti: le sue due facce vegliavano nelle due direzioni, a custodire entrata e uscita. In generale, per l’iconografia, divenne il custode di ogni forma di passaggio e mutamento, protettore di tutto ciò che riguardava un inizio ed una fine.Il volto “giovane” è rivolto in direzione di via Vicedomini e mostra i tratti idealizzati delle sculture classiche giovanili, mentre il volto “vecchio” incorniciato da una folta barba volge lo sguardo profondo e incavato in direzione opposta verso Corso Garibaldi. Nell’anello sottostante al corpo è incisa la data MDCXXVI (1576) e sul basamento è riportato il motto latino Aeternum Servabo che attesta il valore simbolico del soggetto ritratto.
Non vi sono fonti cinquecentesche o seicentesche che riportino notizie della scultura. Solamente nel 1708 il Giano, confuso per un idolo antico, viene ritratto da Don F. G. Franchi nella sua curiosa raccolta di antichità.